Relazione e materiali lezione di domani su Villa Veneta e contesti
VILLA MORA (Morassutti)

Grande e monumentale edificio fatto costruire da Bortolamio Mora nel Settecento. C’è chi, in passato, ha parlato di una proprietà risalente al ‘300, ma i fatti raccontati dai documenti sono invece i seguenti. Attorno alla metà del 1600 quella che sarebbe diventata la grande proprietà Mora era frazionata tra i Cicogna (antichi proprietari dell’intero fondo) e un certo Francesco Riva, ragioniere ducale; il quale nel 1664, dopo l’acquisto effettuato dai Cicogna, chiede ai magistrati veneziani dei Beni Inculti di poter irrigare i suoi due broli, in uno dei quali insiste un edificio colonico, nucleo originario della futura villa . E` quindi assai verosimile che il disegno fiscale del 1712, così lontano, pur nella convenzionalità tipologica degli edifici disegnati in queste mappe, si riferisca allo stesso edificio del 1664, del quale conserva approssimativamente le dimensioni e il posizionamento in verticale. Ad ogni modo, due anni più tardi, i broli di Francesco Riva diventano proprietà di Bortolo Mora che acquista il tutto il 16 giugno 1666 . Costui aveva ottenuto la nobiltà veneta l’anno precedente e cominciato i suoi larghi investimenti nel montebellunese. Dopo il 1676, anno della sua morte, si registrano numerose operazioni della Commissarìa Mora (Commissario Tommaso Tomasi) concernenti la definizione degli acquisti del titolare scomparso . La grande penetrazione fondiaria dei Mora a Posmon e Visnà proseguirà poi con il nipote, Bortolamio, erede, con i fratelli (i figli di Francesco Mora) dell’enorme fortuna dello zio .

Bortolamio nasce nel 1677 e si nobilita nel 1694 grazie al solito, cospicuo, versamento in denaro alle casse esangui dello stato veneto . Nel 1700 sposa Virginia Capello (dalla quale avrà sei figli) e comincia la sua attività di amministratore pubblico (Podestà di Feltre e di Treviso, autore della Legge del 20 marzo 1724 che porta il suo nome e che regolava la gestione degli Enti Laici) . E`, del resto, Bortolamio a farsi residente ed è sempre a lui che si devono gli interventi edilizi sul vecchio complesso famigliare. Gli indizi raccolti sono molti e segnalano la persistente presenza di maestranze lungo l’asse temporale 1702-1730.

Se all’inizio del secolo il muraro locale Domenego Dea presenzia a diversi atti stipulati in Cà Mora , è solo attorno agli anni venti che gli indizi si infittiscono (1722,1723,1724) e segnalano maestranze edili ripetutamente presenti , sino a diventare prova documentaria nel 1730, allorché il muraro Giorgio Zorzetto di Asolo (già in precedenza a più riprese presente in villa) dichiara spontaneamente, di fronte al notaio Tommaso Mazzolenis, di vantare crediti dal Mora per «haver molto lavorià et fatte molte fatture et operationi per il NH Bortolamio Mora in Montebelluna con anco al presente proseguisce il suo lavoriero…» . Zorzetto racconta le modalità di registrazione delle fatture da parte di Antonio di Pretti, agente del Mora -«come da libri e memoriali di Cà Mora et libretti del muraro si può vedere e confrontare»- e rievoca come l’improvviso abbandono dell’agente dell’amministrazione abbia portato alla sospensione dei pagamenti. Un documento prezioso che si riporta in appendice.
Il documento è insomma ricchissimo di particolari attinenti ai rapporti di lavoro col committente, ma a noi quel che interessa è il passo nel quale Zorzetto afferma di poter avanzare le sue pretese perché‚ «furno fatte le stime dell’operationi (del muraro) dal Signor Giorgio Massari protto» . Il fatto che un muratore si prendesse la briga di andare a Venezia a consultare un architetto della statura del Massari appare francamente improbabile: è evidente quindi che il proto in questo caso era anche il direttore dei lavori del cantiere nel quale il lavoratore si trovava in forza.
La chiamata in causa di Giorgio Massari come autore della chiesetta e di un possibile progetto di ampliamento del complesso (se non di costruzione tout court) può del resto trovare parziale conferma nei tempi, nell’importante sintassi del monumentale corpo centrale e nella pulizia delle barchesse che altri riconducono al lessico di Andrea Tirali (un ispiratore peraltro di Massari, un quarto di secolo più giovane). Ma non si tratta solo di letture formali, giacché la consuetudine del Massari col Mora è nota. Scrivendo in data 22 marzo 1721 al conte Fietta in occasione della costruzione di villa Fietta, l’architetto fa sapere di essersi recato “con l’Ecc.mo Mora a Montebelluna e a Zenson di Piave” . E` stato sostenuto che il giro di piacere avesse come obiettivo quello di ricavare dal Massari un parere sugli edifici che a Zenson e Montebelluna il Mora stava costruendo su disegni ritenuti apoditticamente del Tirali sulla base di cronisti ottocenteschi che la ricerca attuale ha di sovente trovato poco attendibili (Federici, Crico) . Si tratta solo di un’ipotesi che, ovviamente, non può escludere il dato, francamente ben più logico, che Massari sia stato a Montebelluna (e a Zenson) per seguire, invece, lo stato del cantiere di una sua opera o di opere seguite assieme al Tirali. Ad ogni modo, nella congiuntura costruttiva va senz’altro attribuito al Massari l’oratorio esterno che il Mora aveva ottenuto di costruire il 2 dicembre 1728 con autorizzazione del Consiglio dei Pregadi a continuazione, presumibile, del programma di rifabbrica di cui ora si dirà (si ricorda che la presenza del Zorzetto e di altre maestranze in villa è databile almeno a partire dal 1722) .

Il complesso è comunque il risultato di progressivi ampiamenti e mutamenti che ne hanno prodotto l’attuale configurazione. Sotto questo profilo la documentazione cartografica non lascia molti dubbi. Dalla casa colonica –sia pur di ampie dimensioni dei Cicogna e poi rilevata dal commissario Francesco Riva- si giunge al “palazzo” articolato e aziendale nel corso del Settecento. Nel magnifico Catastico dei beni dei primi anni venti del Settecento, il complesso appare ancora molto diverso dall’attuale e in fase di passaggio. Pur presentando la prima fase del giardino antistante, il corpo centrale, sia pur arricchito dal sottotetto e coronato da un piccolo e semplice timpano, è ancora privo del grande frontone triangolare e dei quattro semipilastri. È presente l’ala laterale più piccola ad est, ma non la lunga foresteria a ovest, costruita quasi certamente nella seconda metà del secolo come attesta una data, di non precisa decifrazione, presente nel selciato antistante. Mancano del tutto la grande barchessa perpendicolare e l’annesso rustico. La scala addossata a due rampe venne invece sostituita nel primo Novecento dall’attuale scalone d’ingresso. Una configurazione dunque a strati e che avvalora, una volta per tutte, la titolarità di Giorgio Massari, certamente autore della cappella coeva, nel successivo cantiere degli anni trenta, allorché si mette mano alla barchessa e agli annessi rurali necessari per la gestione del grande brolo ad est che verrà acquisito dai Cicogna. Il rinvenimento di una tavela autografata da un certo mastro Stefano Trevisan e datata 1728 è un altro indizio che converge verso il cantiere massariano.

Nel corso dei decenni verranno poi definite le linee progettuali dell’ampio parco, in particolare negli assi sud-nord attraverso una simbolica allocazione di opere plastiche d’autore. Ricordiamo quelle collocate a cornice nell’esedra del Torretto e il grandioso Giove dei fratelli Marinali. La realizzazione del giardino segue pari passo la progressiva disponibilità d’acqua che, nei primi dell’Ottocento, raggiungerà l’importante quota di nove onze, vale a dire due seriole, compresa quella acquisita dai Cicogna col passaggio dello storico mulino cinquecentesco ai Mora.
Villa Mora-Morassutti, ancora sconosciuta ai più perché immersa in un grandioso parco che la sottrae alla vista dei passanti, costituisce, senza alcun dubbio, il capitolo architettonico di gran lunga più rilevante del montebellunese. Nel corso degli Ottocento la proprietà passò ai Cerato per estinzione dei Mora e successivamente alla famiglia Morassutti, tuttora proprietaria.

DOCUMENTI
1718, adì 10 Novembre
Illustrissimi Signori Pressidenti dell’Officio dell’Acque
Il Palazzo Dominicale posto in Villa di Visnà di Montebelluna possesso dal N.H Bortolamio Mora et comprato per li di lui auttori dal Magistrato Ecc.mo dell’Avogaria sin dall’anno 1666 come ben condiscato al q. Francesco Riva ha sempre goduto il posesso, et uso d’acqua, particolarmente d’una seriola proveniente dalla Piavesella contigua al molino del N.H. Ser Anzolo Cicogna pur situato in detta Villa, acqua indispensabilmente necessaria agli sui domestici di detto Palazzo difettivo d’ogni altro e questo per tempo immemorabile sempre così goduta.
Era il Palazzo anticamente della Casa Ecc.ma Cicogna indi passato nel Riva Commissario ressiduario della medesima; onde nel fisco dello stesso Riva successo per intacco di cassa per il di cui ressavrimento (sic) ne seguì poi la vendita 1666, tutte le carte concernenti li bei venduti restorono presso il Pubblico come è notorio; et resta interdetta à chi si sìì la facoltà di poterne aver lumi, o copie, e per conseguenza non può detto N.H avere i titoli del acqua stessa. Ben è vero che com’era il detto Palazzo d’antichissima fabrica e situato in mezzo ai broli e non havendo alcun pozzo che gl’soministri l’acqua; di dessume certamente chesempre sino alla sua origine habbi goduto l’uso e possesso della detta seriola continuato sino a tempi presenti, e come dagl’uniti attestati di più mano de Testimoni verrà stabilito.
Che però col valido fonamento dell’antico posssesso, che dalle leggi in simil materia d’acqeu viene canonicato per prova esuberantissima (sic) a legittimare l’uso, espone però il sudetto N.H. Mora le sue riverenti istanze à quest’Ill.mo Officio che humilmente implora la confermatione del possesso, et uso della sudetta seriola anticamente ed immemorabilmente goduta in questa quantità che sarà determinata dalla Giustitia e bontà degli Ill.mi Pressidenti.
Archivio Privato Morassutti

1730, 4 aousto, Montebelluna in casa di me nodaro.
Comparso mistro Giorgio quondam Giov: Giorgietto da Asolo fà il muraro qui presente et alla presenza dise et espose à lume di giustizia et verità esser molto tempo lavorà, et ha fatte molte fatture et operationi per il N.H. Bortolamio Mora in Montebelluna con anco al presente proseguisce il suo lavoriero (…) fù tempo passato et (facio?) seguito ristretto de conti più due ò tre volte sotto l’agenzia di detto Antonio di Pretti (fù agente di domino N.H. Mora) in detta di Montebelluna et ogni volta (che) Giorgio riceveva dinari ò altro da detto di Pretti haveva il suo libretto et esso di Pretti poneva nel detto libretto (d’esso Giorgietto) ciò che le dava ò dinari ò altro, come da libri e memoriali di Cà Mora e libretto del muraro si può vedere e confrontare; ultimamente poi poco tempo prima che esso di Pretti si dasse da se stesso all’esilio e fuga da detta Eccellentissima Casa Mora si fece dare e consegnare il libretto al nominato muraro et anco uno novo dicendoli che poneva il tutto nel nuovo, e li ha trattenuti ambi essi libri di detto muraro vecchio e novo per circa mesi tre avanti la sua fuga che poi furno ritrovati doppo nel mezado, ove teneva scritti esso Pretti e non si vede chi vi habbia posto mano essendo il novo intatto come era: bensì disse il muraro che circa il S.Martino prossimo passato avanti la fuga del Pretti furno fatte le stime dell’operationi di detto Giorgietto dal Signor Giorgio Massari protto, vedute e rivedute le polizze del muraro e dibattuto giusto la sua cognitione furno poi fatti li conti tra il Pretti et il muraro sopra la stima e conti, et era il muraro come disse creditor da detta Eccellentissima Casa di L.275; a suo tempo poi fugì il Pretti e trasportò i libri di casa e pollizze del muraro (con stima) mentre non sono state per tutta la diligenza usata ritrovate e ritornati poi li libri di casa si cuopre (sic) il muraro debitore di L.180 in vece del credito di L.275; oltre per atto di giusta verità che detto Pretti di tutto il formento contribuito à detto muraro dell’inferiore del granaro, lo computava L.2 al staro di più del prezzo del più bello, come anco del vino contribuitoli più inferiore, lo computava à assai maggior prezzo del migliore; così esso muraro fatti certi calcoli hà considerato e considera esser stato ingannato di circa lire cento più o meno; e tanto hà deposto in sua conscienza.

Archivio di Stato Treviso, Notarile I, Notaio T. Mazzolenis, b. 2996, prot. 1723-32, minute, 4 agosto 1730

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